Dal 2003 il cambiamento organizzativo è stato al centro dell’attenzione di aziende, consulenti e studiosi.

Assochange nasce nel 2003, promossa da grandi aziende come Iveco, Isvor Fiat, Unysis e IBM, con l’obiettivo di condividere esperienze e conoscenze sul cambiamento, in risposta a fenomeni come globalizzazione, innovazione tecnologica, digitalizzazione e nuove minacce globali.

La svolta del 2000 porta discontinuità: l’attacco alle Twin Towers, il collasso della new economy, l’esplosione della tecnologia digitale e la “strategia di Lisbona” in Europa, che punta a una crescita basata sulla conoscenza. In questo contesto, il cambiamento diventa una necessità continua, non più episodica, e richiede nuove competenze e una cultura manageriale dedicata.

Gli studi sul cambiamento organizzativo hanno radici profonde, da Kurt Lewin negli anni ’40 fino alle raccolte di articoli italiani e ai contributi internazionali. Tuttavia, la pratica mostra difficoltà: secondo Beer e Nohria (Harvard Business School Press, 2000), due terzi dei tentativi di cambiamento falliscono.
Le teorie si dividono tra la Teoria E (valore economico per gli azionisti) e la Teoria O (sviluppo organizzativo e apprendimento), ma la vera sfida è integrarle.

Dopo il 2000, l’ambiente diventa turbolento per dinamiche geopolitiche, tecnologiche ed economiche. Il caso Fiat, con Sergio Marchionne, rappresenta un paradigma di turnaround: la fiducia e la crescita personale diventano centrali, superando modelli organizzativi tradizionali.
Il cambiamento coinvolge anche Assochange, che si rafforza come luogo di confronto, mentre la prospettiva finanziaria globale rende difficile consolidare modelli duraturi.

La crisi finanziaria del 2008 evidenzia il predominio della logica dello shareholder value e la crescente disuguaglianza sociale. Nel 2010, la strategia di Lisbona non raggiunge gli obiettivi prefissati, mentre la Teoria O viene rivalutata nella ricerca, ma fatica a essere adottata nella pratica aziendale.

Nel decennio successivo, prevale la tentazione del ritorno al “business as usual”. Le utopie digitali si dissolvono, le grandi imprese del web consolidano il legame con la finanza speculativa, e la tecnologia sembra prevalere sull’elemento umano. Tuttavia, il change management trova successo in modelli di cambiamento continuo (Google, Amazon), dove l’innovazione è costante e il ripensamento organizzativo è parte integrante del business.

Con la crisi pandemica del 2020, le piattaforme digitali rafforzano il loro potere e diventano nuove forme di organizzazione sociale, gestite anche da algoritmi. Il management deve progettare nuovi prodotti, servizi e mercati, accompagnato da nuove élites professionali e specialisti del cambiamento. In questo scenario di incertezza, il change management rafforza la sua ragion d’essere, ma richiede capacità progettuale e attenzione al design organizzativo.

I nuovi agenti del cambiamento si trovano davanti a un bivio: essere strumentali alle grandi piattaforme digitali o lavorare per migliorare le organizzazioni valorizzando conoscenza, intelligenza ed esperienza. Questa è la strada per affrontare le grandi sfide contemporanee.
Questo è tanto più vero con la diffusione delle intelligenze artificiali.

In questo percorso di oltre diciotto anni, il libro “Conversazioni sul Change Management. Assochange, 18 anni di passione evolutiva” rappresenta non solo una raccolta di esperienze, ma anche una testimonianza viva del pensiero e dell’impegno dell’associazione nel diffondere la cultura del cambiamento.
Attraverso le voci di protagonisti, aziende e studiosi, il volume invita a riflettere su come il change management possa continuare a evolvere, integrando valore economico, sviluppo umano e innovazione responsabile.

Questo è un invito a leggere, esplorare e continuare la conversazione, per costruire insieme il futuro del cambiamento organizzativo.
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